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a medicina, dalla fine dell’età classica, si era mantenuta per secoli nella forma di pratica terapeutica e chirurgia riparatrice. L’insegnamento era impostato sulla lettura e sul commento delle opere dei grandi medici dell’antichità classica, in particolare Ippocrate e Galeno. I testi erano in genere versioni latine dall’arabo di opere greche, di compilazioni di opere di maggiori dimensioni di epoca ellenistica, oppure di opere nate nell’ambito della stessa cultura araba, erede della scienza greca e quindi anche della medicina.
La triade, unita anche nel Limbo dantesco, formata da Ippocrate (vissuto nella Grecia classica), Galeno (medico nella Roma imperiale) e Avicenna (esponente della cultura araba alla fine del I millennio), costituì per secoli l’autorità indiscussa in campo medico, mentre gli Aforismi, l’Ars Parva e il Canone furono gli imprescindibili libri di testo degli aspiranti medici a Oriente come a Occidente.
La fisiologia e l’eziologia di matrice ippocratico-galenica non prescindevano da legami e correlazioni con l’ambiente naturale che esercitava influenze dirette sullo stato di salute o di malattia. La fisiologia era basata sulle funzioni dei tre organi dominanti (fegato, cuore e cervello) e degli spiriti a questi associati. L’eziologia identificava la malattia nella discrasia (eccesso o difetto) dei quattro umori (sangue, flemma, bile gialla e bile nera) le cui manifestazioni sintomatiche - la febbre, i brividi, la diarrea, la stitichezza, il catarro, la secchezza delle mucose e così via - erano “calde, secche, umide o fredde” come le stagioni dell’anno e il tempo atmosferico. Il ripristino della salute avveniva con il riequilibrio umorale (crasi) ottenuto attraverso la terapia dei contrari, riorientando la “dieta” (ambiente, alimentazione e modo di vita) con il contatto o l’assunzione di quelle particolari sostanze che contrastassero la prevalenza nociva di un umore.
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