contatti | crediti | privacy | cookies policy | dove siamo
 
 
   
               
  Le iniziative >>Saperi e meraviglie >>  La peste     
   
 


 peste, fame et bello libera nos, Domine”, pregano i cristiani di tutta Europa decimati dal contagio, stremati dalle carestie e duramente colpiti dalle campagne militari che insanguinano il continente. La peste infierisce in Europa a partire dal Trecento con ripetuti episodi che falcidiano le popolazioni e scardinando l’assetto sociale. E’ una malattia che colpisce tutti senza distinzione di ceto, di censo, di età e di sesso. Si comprende ben presto, empiricamente, che è contagiosa ma non si conosce quale ne sia il vero agente. Le febbri “maligne e pestilenziali si riconoscono dall’insorgere di nauseandi bubboni nell’inguine, sotto le ascelle o dietro le orecchie, ma anche dal diffondersi sulla superficie del corpo di antraci (carbuncoli), papole e petecchie. Ma quand’anche tutti questi segni in vita e in morte si manifestino, non v’è ancora certezza che sia vera peste. Solo quando questi colpiscono tutti gli occupanti di una medesima casa, conducendoli presto a morte, e trapassando da una abitazione a un’altra fino a infettare ogni persona…”. Riconoscerne i sintomi, ricostruire le modalità del contagio, trovare una cura efficace: i medici si scoprono impotenti davanti al flagello. La medicina ufficiale, di matrice ippocratico-galenica, riconduce alla “corruzione dell’aria” la comparsa della peste e, attenendosi alla terapia dei contrari, suggerisce l’uso di sostanze aromatiche e profumate, capaci di contrapporsi alle febbri e agli ammorbamenti dell’aria, proteggendosi dal contagio diretto con l’uso dell’aceto come disinfettante e con protezioni imbevute di aceto e profumi per coprire naso e bocca. Le varianti sono molte di fronte al fallimento della medicina e spesso si ricorre ai più noti farmaci-amuleti, sperando che l’efficacia vada di pari passo con il costo e la rarità dell’unicorno come degli sciroppi di perle, d’alchermes e di agiacinto, di Belzuari… Se riuscivano a sopravviverle, la peste fece a volte la fortuna dei chirurghi-barbieri, poiché l’unico metodo che, se eseguito in maniera opportuna, poteva dare qualche possibilità di guarigione, era l’incisione chirurgica del “bubbone”. E’ chiaro, comunque, che la fuga è il solo modo di evitare la malattia e che l’isolamento è la principale tutela per la comunità. Di qui i cordoni sanitari, i lazzaretti, le quarantene e gli altri provvedimenti intesi a tenere separati gli appestati o i portatori potenziali della malattia dalla popolazione ancora sana. A Genova, dal 1423 al 1467, vi furono tre periodi di pestilenza. Sull’esempio di Venezia, nel 1467 venne costruito il primo Lazzaretto dove concentrare i sospetti o gli ammalati di peste. Ma non saranno tanto queste precauzioni, spesso disattese, quanto piuttosto l’isolamento dell’uomo da animali come il topo e le pulci a far regredire la diffusione della malattia.